La maggior parte dell’utenza del mio studio è rappresentata da persone con disturbi d’ansia. Volevo raccontarvi alcuni aspetti della dimensione ansia e volevo cominciare attraverso quella che i pazienti amano particolarmente ossia la dimensione neurobiologica dell’ansia…anche perché spesso accedono al mio studio o a quello di miei colleghi dopo aver intrapreso altri percorsi…soprattutto di natura farmacologica. Vi è un’intolleranza nell’accettazione diversa da quella medica della dimensione ansia. Grazie alle neuroscienze qualche passo è stato portato avanti per noi psicoterapeuti nella difficile dimostrazione degli effetti positivi della psicoterapia, ma accettare di entrare in psicoterapia è molto difficile e la maggior parte della gente preferisce solo l’uso di psicofarmaci rispetto alla ricerca di una spiegazione altra dello stato ansioso. Quando un paziente ansioso si affaccia al mio studio gli dico che nonostante lo stato di disagio che vive dovuto a sensazioni che non riesce a tollerare in realtà quella che a fatica definiscono ansia rappresenta “un’ opportunità” e come tale vanno ricercate le cause inconsce di quello stato senza la fretta di non provare più quel disagio…perché io come psicoterapeuta non prometto miracoli, ma offro una possibilità per capire le cause che arrivano da lontano e dare un senso a quel disagio per liberarsene realmente. Negli ultimi anni sono gli stessi neurologi, psichiatri e medici di base che consigliano i coadiuvare alla psicofaramacologia anche l’uso di un percorso psicoterapico.
Oggi abbiamo una percezione dell’ansia come affetto sgradevole con correlazioni fisiologiche.
L’ansia è una condizione fisiologica del nostro organismo, del nostro sistema nervoso centrale che si verifica in qualunque situazione in cui l’organismo deve essere in una situazione di allerta e questo ci consente la possibilità di avere la percezione di pericolo e mette l’organismo nella condizione di avere una reazione. Spesso lo stimolo non passa attraverso la coscienza quindi in realtà una situazione di ansia che insorge improvvisamente in una persona può essere collegata a una percezione inconscia di una situazione potenzialmente pericolosa che richiede all’organismo di affrontarla.
L’ansia e la paura sono sovrapponibili. Semanticamente la paura è più definita mentre l’ansia no perché è qualcosa che l’individuo non riesce a spiegarsi in quanto quando scatta lo stato ansioso ciò è determinato da uno stimolo che non riusciamo a percepire a livello cosciente anche se è percepito come potenziale pericolo (soprattutto come pericolo di morte percepito come paura di un imminente attacco cardiaco).
L’ansia funzionale cioè quella che si attiva nel momento in cui percepiamo il pericolo ha consentito all’individuo nell’arco dell’evoluzione di avere delle reazioni adeguate che sono: di attacco e di fuga. Esiste anche una reazione di morte apparente anche se non è funzionale per l’essere umano rimanere in mobilità per molto tempo.
Come detto pocanzi ansia e paura sono molto simili, ma mentre la paura ha un oggetto (ho paura di x) l’ansia non ha oggetto ossia mi sento in pericolo, ma non so da cosa devo difendermi.
Rivedendo i miei appunti di Psicofarmacologia della Scuola Romana di Psicologia Clinica Imago (scuola dove mi sono specializzata come psicoterapeuta) mi piaceva molto quanto avevo appreso rispetto ad una delle tante spiegazioni rispetto alla dimensione ansia. Il mio professore ci raccontava che le scienze evoluzionistiche hanno evidenziato una nostra sostanziale giovinezza a livello di Sistema Nervoso.
Perché abbiamo una casistica di stati ansiosi?Secondo gli studi evoluzionistici proprio perché noi non siamo ancora adattati all’ambiente che abbiamo creato siamo sottoposti a una serie di stimoli che innescano lo stress e viviamo in condizioni di costante agitazione del sistema e questo ci rende maggiormente vulnerabili a fenomeni di improvvisa attivazione del nucleo del locus coerelus e il cortisolo si comporta come un neurotrasmettitore che induce il rilascio di noradrenalina a livello cerebrale.
Il nostro stile di vita è cambiato rispetto ai nostri antenati per cui i tempi di riposo si sono completamente modificati e quindi abbiamo alterato il bioritmo e abbiamo dei picchi circadiani di produzione di mediatori dell’ansia in rapporto a ore della giornata in cui c’era il rischio di incontrare situazioni pericolose. Quindi siamo noi che abbiamo modificato questi ritmi, soprattutto attraverso l’illuminazione.
L’uomo fino a 200 anni fa viveva senza illuminazione e molto probabilmente questo ha modificato totalmente il nostro aspetto interno di equilibrio per cui molto probabilmente la liberazione circadiana fisiologica dei circuiti dello stress e dell’attivazione di questi stessi circuiti dipende da questo ritmo circadiano che abbiamo ancora come retaggio del nostro passato evolutivo e ci costringe a vivere una realtà non adeguata rispetto ad esso.
Quando arriva una persona che lamenta un disturbo di ansia bisogna verificare se di ansia si tratta in quanto ci sono situazioni che la persona vive come ansia, ma che in realtà di ansia non si tratta.
Come primo step chiedo alla persona che arriva da me di verificare insieme al suo medico di base o al professionista psichiatra o neurologo di escludere una causa medica del suo stato ansioso in modo tale da poter fare un intervento psicoterapico mirato sull’ansia.
Per esempio una dimensione neurofisiologica che partecipa all’ansia è data dalla liberazione di noradrenalina e quindi ci possono essere delle situazioni che mimano uno stato di agitazione che uno vive come ansia, ma che in realtà portano a situazioni mediche organiche. Per esempio abbiamo l’ipertiroidismo che può attivare i circuiti dell’ansia, ma che in realtà di ansia non si tratta.
Ci può essere anche un’iperattività della midollare del surrene e quindi alla conseguente liberazione di noradrenalina.
Ci possono essere condizioni in cui una persona è irrequieta e ciò si può spiegare con quella che viene chiamata acatisia.
L’acatisia che dipende da alcuni farmaci è uno sbilanciamento che regola il sistema nigrostriatale che porta a sintomi extrapiramidali con sintomi motori e irrequietezza interna.
Lo stato ansioso può dipendere anche dall’uso del cortisone che porta uno stato di insonnia, tensione, ma questi sono legati all’effetto stesso del cortisone.
Poi ci sono condizioni psicologiche che rientrano in un situazione di normalità quelle che rientrano nella definizione di ansia legata ad una situazione per esempio prima di parlare in pubblico.
Nella situazione occidentale le persone tendono a considerare patologico tutto ciò che è sgradevole quindi chiedono l’intervento sulla psiche in situazioni assolutamente fisiologiche per esempio prima di affrontare un esame. Da questo punto di vista ci siamo americanizzati e questo non porta nessun beneficio, anzi… Il mese scorso ho lavorato in una scuola secondaria, portando avanti un progetto personale sulle dipendenze, con ragazzi di 15/16 anni e uno degli aspetti maggiormente emersi è stato proprio questo. I ragazzi hanno difficoltà a tollerare le emozioni, soprattutto le emozioni negative e questo li indirizza erroneamente all’uso di sostanze psicotrope e anche all’uso di psicofarmaci anche laddove servirebbe una semplice psicoterapia. Ecco perché diviene fondamentale un’educazione emozionale fin da piccolissimi. Bisogna insegnare ai genitori ad educare i propri figli alle emozioni e alla tolleranza delle emozioni negative e questo non può contemplare l’uso del telefonino come effetto calmante per il bambino. Durante i miei seminari riecheggia spesso una domanda sull’uso improprio dei cellulari soprattutto per i più piccoli. Durante la mia infanzia sentivo parlare dell’uso eccessivo della Tv e sui suoi rischi e come al solito ogni epoca porta nuove opportunità, ma anche nuove patologie… Sono mamma di sue bimbi e posso capire la difficoltà dei genitori nel bloccare l’uso dei telefoni…la mia risposta alla domanda se i cellulari possono creare effetti negativi è si, ma come la tv era negativa per la nostra generazione…nel senso se un bambino viene lasciato davanti al telefono da solo allora lì subentra una problematica (non tanto diversa dai bambini che vengono lasciati soli a guardare la tv per tante ore). Come per tutte le cose è l’uso che noi decidiamo di fare di quello strumento…se il telefono o la tv hanno un fine relazionale non possono creare danno perché rappresenta uno strumento come un altro che mi mette in relazione con il bambino. Con fine relazionale intendo un adulto che è accanto al bambino e che insieme si spiegano e si raccontano quello che stanno guardando. Inoltre se lascio il telefono al bambino per farlo calmare allora lì gli sto creando un danno ancora maggiore perché gli sto lasciando un messaggio molto grave ossia “ adesso non riesco a trovare una modalità più faticosa per calmarti e ti faccio usare il telefono (che ha un effetto calmante per il bambino) quindi da adulto qualora avrai una sensazione sgradevole io come genitori non avendoti insegnato una modalità sana per far fronte a quella sensazione ti sto dicendo che potrai calmarti con qualcos’altro che potrà oscillare dall’ansiolitico all’alcool o sostanze psicoattive di altro genere.
Nel mio prossimo post vi elencherò la nuova classificazione dei disturbi d’ansia secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (il DSMV).