La consultazione partecipata

ll modello della Consultazione Partecipata (CP) nasce nell’ottica della prevenzione dove anche i genitori prendono parte al setting.

È un intervento fondamentale nella fascia 0/6 anni, ma anche con i bambini fino alla pubertà (sino ai 12 anni circa). Ci sono studi che estendono la consultazione partecipata anche agli adolescenti. Personalmente in molte circostanze l’ho messa in atto perché da due anni seguo corsi di aggiornamento proprio tramite l’associazione Dina Vallino.

Questo modello di consultazione deriva da un lungo lavoro di ricerca che l’analista italiana Dina Vallino ha svolto nel campo dell’Infant-Observation, a partire dalla fine degli anni ’70.

Compito della Consultazione Partecipata è quello di esplorare il disagio del bambino e dell’adolescente per come si presenta nella seduta, incoraggiando i genitori a diventare osservatori partecipi della relazione tra sé e il figlio. I genitori sono invitati a guardare il loro bambino riconoscendone i bisogni, tenendo conto della sua persona, dell’importanza della sua mente affettiva, delle sue difficoltà, ma anche delle sue risorse; si promuove ed allena una capacità osservativa che aiuti il genitore a meglio conoscere il figlio.

Gli strumenti di lavoro che come psicoterapeuti abbiamo mentre siamo all’opera nella stanza con bambini e genitori sono: il gioco narrativo, la storia, il “luogo immaginario”, il disegno, la tecnica delle storie disegnate quindi strumenti che usano un linguaggio metaforico inconscio. In particolare l’uso della storia del Luogo Immaginario testimoniano la continuità con la tradizione psicoanalitica della simbolizzazione inconscia. Altri strumenti sono l’ascolto rispettoso e non intrusivo. Questi strumenti sono importanti perché attraverso essi il bambino comunica la natura della sua sofferenza. Con questo linguaggio metaforico il terapeuta diviene fondamentale perché traduce le simbolizzazioni infantili e adolescenziali in un linguaggio condivisibile con i genitori.

Il setting della consultazione partecipata

La CP può avere una durata breve iniziale di 5 incontri o prolungarsi per circa un anno (CP Prolungata). Personalmente mi attengo alla durata classica dei 5 incontri ai quali di solito, ma non necessariamente può far seguito l’inizio di un percorso rivolto al bambino o all’adolescente.

Di seguito vi riporto un stralcio del libro di Dina Vallino:

“Interpellata perché esprima un parere e un consiglio, quando i genitori, nel primo colloquio, mi parlano delle loro preoccupazioni sul disagio del figlio o eventualmente di sintomi già consolidati, espongo brevemente il mio progetto di consultazione partecipata e prolungata. Prevedo una consultazione distribuita in circa cinque incontri, un incontro con i genitori, tre incontri con i genitori insieme al bambino/a (oppure il figlio/a con la sola madre o con il solo padre), un incontro finale con i soli genitori. In molti casi è necessario prevedere una restituzione al bambino. Dopo che mi sono fatta una mia idea di cosa impediva a quei genitori di cavarsela con quel figlio e l’avrò discusso con loro, comincerà la riflessione sul che fare in cooperazione con i genitori e coinvolgendo il bambino. Il setting di base, di cinque incontri, potrà essere dilatato secondo necessità. Dopo il quinto incontro di base la consultazione potrà prolungarsi per un periodo che verrà discusso insieme, a seconda del progetto terapeutico che si riterrà utile. Il punto essenziale riguarda la mia richiesta ai genitori che essi, nel successivo incontro insieme al figlio, concentrino la loro attenzione sul comportamento e il gioco del loro figlio al fine di discuterne successivamente con me, in un incontro separato, in modo da non disturbarlo. Sono incontri in cui l’attenzione di noi adulti è rivolta alla comunicazione e alle ragioni del bambino, che si esprimono per lo più con il gioco e il disegno, anche se alcuni bambini conversano molto speditamente con me del loro disagio o di altro. Il perno di tutto il lavoro sta negli incontri con i genitori insieme con il figlio. Più precisamente la regola fondamentale del mio setting è la seguente: convinta dell’importanza che un adulto aiuti il bambino a realizzare il suo gioco, i genitori sono da me invitati a fare come a casa, cioè a partecipare al gioco del bambino aiutandolo. All’inizio c’è qualche imbarazzo, ma poi la situazione si accomoda. Scopo della consultazione è individuare la linea di sviluppo nascosta del bambino, la possibilità che i genitori hanno di capirla e l’intreccio con il sintomo. Non si tratta di dare inizio alla “cura”, né di mostrargli a ogni costo che l’analista è in grado di capirlo o mostrare ai genitori che è in grado di capirli, ma solo di stare lì a osservare l’evoluzione di certe linee di sviluppo di cui il bambino è certamente competente: nel gioco, nel disegno, nella storia. Le stesse cose che vede l’operatore le vedono i genitori. Oltre a questa finalità cognitiva, io do importanza al momento affettivo: nella consultazione partecipata ci si dovrebbe adoperare affinché l’incontro sia per il bambino una occasione unica per presentare il suo sentire e averne sollievo e per i genitori un’opportunità per parlare con il loro figlio, per quanto piccolo sia, con strumenti mediati dal pensiero psicoanalitico, e non del loro figlio. Nella successiva riunione separata con i genitori senza il bambino discuto con loro quello che è successo precedentemente in presenza del bambino (a volte leggendo un mio testo scritto, che riassume la seduta con il bambino). In questi incontri c’è un work in progress: i genitori sono invitati a proporre le loro interpretazioni, permettendomi di integrare con la loro esperienza quei dati che mi erano apparsi confusi o disorientanti. Segno nel testo scritto per la discussione tutti i punti dubbi, ma anche le più interessanti proposte e strategie di intervento nel gioco da parte dei genitori. Cerco di essere per i genitori la migliore collaboratrice possibile per la cura del loro figlio. Tale collaborazione potrebbe sembrare irrealizzabile quando è evidente la patologia dei genitori, tuttavia anche in questo caso risulta possibile lavorare con loro sulla problematica che affligge il loro rapporto con i figli. Con questo setting ho avuto modo di comprendere che i bambini si aspettano dalla mia presenza e dalla mia testimonianza di poter essere rimessi in contatto con mamma e papà. A seconda della situazione, propongo ai genitori, per introdurli ulteriormente nella logica del mio metodo, qualcuna delle considerazioni che seguono. L’osservare diverse volte i comportamenti e il gioco del loro figlio darà ai genitori l’opportunità di chiarirne con me il significato e anche di poter trovare da sé risposte concernenti i vissuti, i pensieri e gli stati d’animo del loro bambino, chiarimenti sul loro reciproco rapporto, ipotesi e strategie di soluzione. Che i genitori incontrino i figli insieme all’analista può essere utile all’intera famiglia. I genitori possono scoprire negli incontri, in presenza dell’analista, aspetti sconosciuti dei figli che, a loro volta, possono esprimere il loro disagio non con i sintomi ma con la comunicazione del gioco e del disegno. I genitori possono avvertire, durante questi incontri, che per ripristinare un equilibrio con i bambini è importante anche il fare insieme a loro un piccolo progetto di gioco e racconto, che li avvicini con semplicità.  Sappiamo che il materiale da gioco e l’offerta di disegnare e raccontare sono la base per la diagnosi e per la terapia infantile. Ma nella consultazione partecipata, in presenza dei genitori, gioco, disegno e racconto sono soprattutto elementi per offrire loro l’opportunità di scoprire aspetti sconosciuti del loro figlio e per me l’occasione per farmi un’idea su qualcosa del bambino che non avevo previsto nel primo colloquio con i soli genitori. Lo spunto per programmare una diagnosi o per iniziare un trattamento si presenterà alla fine del percorso di consultazione partecipata, ma non è l’obiettivo della consultazione partecipata, che riguarda invece l’attenzione al legame genitori-figli e alla turbolenza emotiva del campo familiare”. (Vallino, Dina. Fare psicoanalisi con genitori e bambini (Italian Edition) . Mimesis Edizioni).

La consultazione ci chiede, in quanto professionisti della salute e della cura della persona, di permettere che all’interno del bambino e della famiglia possa nascere il pensiero, la speranza, l’illusione Winnicottiana ovvero la fiducia.